Ad un tratto si fece silenzio e nel teatro la luce si spense.

Sul palco l’occhio accecante del faro si concentrò sull’insolito soggetto.
Due mani ossute, callose, pretesero altere, attenzione da parte di tutti.
E appena ciascuno si fu concentrato, le singolari attrici diedero inizio al monologo.
-Venite a noi signore e signori e ascoltate…
Siamo anziane, si vede, infatti abbiamo sorretto e guidato la vita di un uomo per tutti i suoi anni, trattenendo, stagione dopo stagione, i segni delle sue avventure, della quotidianità talvolta piatta, delle passioni più travolgenti.
Appena nate eravamo morbide, rosee, serravamo il pugno con forza a simulare l’impegno futuro alla conquista del mondo. Eravamo curiose, volevamo tutto in nostro possesso; fu solo per noi che lui potette pian piano conoscere il mondo, così la sapienza, attraverso le dita, cominciò ad irrorarlo, mentre noi da guida, diventammo strumento imprescindibile del suo pensiero.
Fu così che iniziò l’avventura più bella: noi due in contatto diretto con i desideri, i voleri dell’uomo.
Noi due, strumenti irrinunciabili per l’affermarsi del suo talento, magiche compagne del progetto di vita di quest’uomo speciale.
Per quanto tempo abbiamo ticchettato impazienti sul suo tavolo da lavoro, mentre i pensieri roteavano furibondi, si scontravano gli uni con gli altri, si inceppavano su ostacoli improvvisi, restavano avviluppati in percorsi tortuosi, cercavano nuove uscite di sicurezza!
Quante volte abbiamo dovuto sorreggere quella fronte china su un foglio bianco, mentre mille perché sull’Universo infinito, sul vuoto, sul nulla, facevano pulsare forte le tempie. E quante pagine scritte abbiamo percorso alla ricerca di lumi!
Lui si chiedeva: Perché, perché il Genere umano ha inventato mille illusioni, decine e decine di porti sicuri dove il senso di vuoto, di nulla, ti pare annullato?!
Dentro di sé ragionava:
Eppure lo spazio è illimitato, senza alcun limite sono i punti di vista, esistono mille realtà, combinazioni infinite di percezioni diverse.
Meraviglioso potere quello di forgiare una stessa realtà in decine e decine di forme diverse.
Soltanto il suo ingegno poteva riuscirci.
Noi abbiamo accolto il pensiero, abbiamo affermato quel genio che prepotente ha voluto esaltarci.
Fiere, abbiamo atteso alla nostra missione, rendendo fruibile ai sensi un’astratta intuizione.
Si è trattato di un duro lavoro: l’uomo ci usava per sollevare taglienti lastre di pietra e poi incidevamo su quelle le forme più inconsuete.
Reagivamo con piaghe e con calli al dolore e allo sforzo, ma responsabili, abbiamo espresso l’ingegno senza mancare nemmeno una volta.
Quante avventure! A volte, nere dì inchiostro, abbiamo lasciato il nostro sigillo su cose preziose, in certi momenti abbiamo danzato su scale infinite, che a larghe volute, avvolgevano paesi dalle case bislunghe, spioventi da un lato; scale che salivano, oppure scendevano fino ad un punto lontano, invisibile ai più.
Talvolta abbiamo incastrato con cura forme di cose o animali, creando inedite visioni.
Ci siamo congiunte ossequiose davanti al Creato, carezzando con delicatezza infinita, le sue espressioni più dolci.
Adesso da anziane, ricamiamo su carta infiniti trinati di riflessioni e ricordi.
Ancora talvolta danziamo dei lenti pensieri che fluiscono in larghe spirali infinite.
Così noi siamo tuttora il formidabile mezzo che il filosofo-artista gestisce per offrire a tutti in maniera tangibile e condivisibile il proprio pensiero.
Eccoci qua, come sempre protagoniste assolute della vita di un genio.
Nel teatro si riaccese la luce, mentre le mani ruvide, ossute, dall’espressione superba, si congiunsero in un saluto elegante.
Dalla platea si levò un applauso scrosciante: altre centinaia e centinaia di mani celebravano orgogliose le proprie illustri sorelle.