Eccolo finalmente!
Lo vidi arrivare da lontano, con il suo incedere sicuro e fiero, in mezzo alla folla di turisti che pareva volerlo inghiottire.
Capelli chiari che il vento scompigliava favorendo riflessi di sole dorato; denti sfavillanti in un gioviale sorriso. Veniva verso di me in quel pomeriggio assolato di un giugno luminoso, sapeva in cuor suo che il suo posto era qui, accanto a me, seduto su questo divanetto rosso, fra decine di scatole bianche profumate di cuoio.
Conoscevo tutto di lui: la sua vita, i suoi hobby, le sue aspirazioni.
Sapevo che era nato in Irlanda da una donna molto nota per la sua creatività, apprezzatissima decoratrice di interni che ritengo abbia influito molto sullo spiccato gusto estetico del figlio. Il padre, attore di scarso successo, non ha avuto un grande ascendente su di lui, anche perché abbandonò la famiglia quando il figlio non aveva ancora compiuto tre anni. Fin da bambino era innamorato della recitazione, tant’è che dopo il ciclo di studi inferiore, ha frequentato una famosissima scuola di teatro, la Sylvia Young Theatre School di Londra. So che questo suo amore per la finzione scenica ha una derivazione psicologica legata proprio al mancato rapporto con il padre. L’assenza della figura paterna e quindi la mancanza di un punto di riferimento preciso, di una pietra di paragone su cui forgiare la sua personalità, lo ha reso inizialmente un bambino molto insicuro, fragile, poi un adolescente alla ricerca del genitore contro cui sfogare tutta la propria rabbia e le proprie paure, infine un giovane uomo in perenne ricerca di un modello (pur se posticcio) a cui aggrapparsi, da controbattere o amare. I personaggi che interpreta sono ogni volta quel qualcuno che potrebbe colmare il suo vuoto.
Ha un hobby che ancor meglio descrive quest’uomo così interessante: ama dipingere i paesaggi sempre diversi che incontra nelle varie tournée per il mondo. E’ un acquarellista sensibile e delicato, dal tratto leggero, sfumato, utilizza colori tenui che mescola sapientemente, trasformando la realtà in un sogno lontano.
Uno dei suoi quadri l’ho qui, nel mio negozio e vi assicuro che tutti lo trovano superbo. Me lo donò una volta per riconoscenza perché – mi disse – bene come in quelle scarpe che avevo disegnato solo per lui, non aveva mai camminato.
Si trattava di un mocassino in pelle di vitello granulata, con fodera anch’essa in pelle di vitello nero. La costruzione tubolare non permetteva alcun disagio al piede, mentre la suola in gomma rendeva elastica e leggera la camminata.
Fui per davvero fiera di quell’apprezzamento che dopo tutto mi ero interamente meritata, dato l’attento studio preliminare del cliente che avrei calzato. Così, quando lo vidi arrivare con quel pacchetto rettangolare sotto il braccio e dopo aver ammirato quel dono che lui aveva realizzato proprio esclusivamente per me, rimasi per un attimo senza parole, poi lo ringraziai goffamente, mentre sentivo le guance avvampare e diventare inesorabilmente di un colore rosso fuoco, cosa che mi mandò definitivamente nel pallone. Riuscii comunque a recuperare la forza per proferire un “grazie, troppo gentile, ho fatto soltanto il mio lavoro” con una vocetta flebile, a tratti tremolante. Lui mi assestò un largo e gioviale sorriso e mi tese la mano.
– Avrò presto bisogno di lei – disse congedandosi e uscì dal negozio sorridente, con passi lunghi e decisi, lasciandosi dietro una scia deliziosa di profumo dal vago ricordo orientale, profumo di spezie, mischiato a odori legnosi, affumicati, che parevano avvolgermi in un caldo abbraccio.
Seguendo la scia odorosa lo rincorsi fino al marciapiede antistante il negozio e da lì lo salutai disegnando nell’aria un ampio arco, mentre gridavo, con il coraggio di una voce appena ritrovata, un cordiale “A presto!”
Trascorsero diversi mesi senza che il mio fantastico cliente si rifacesse vivo, troppo occupato nelle sue tournée, troppo preso dal fissare nei suoi quadri i luoghi sempre diversi in cui si trovava a soggiornare.
Ma il suo dono era lì, sulla parete azzurro pastello del mio negozio, impreziosito dalle luci soffuse che lo inondavano facendolo risaltare in primo piano rispetto al resto dei decori che adornano da sempre l’ambiente.
Questa presenza mi permetteva di scoprire giorno per giorno attraverso il soggetto dipinto, le peculiarità del carattere del suo autore tramite un divertente gioco di abbinamenti fra scelta dei colori, forme, primi piani, dissolvenze e aspetti caratteriali e psicologici di quel mio cliente.

L’acquerello rappresenta lo scorcio di un quartiere elegante di una città a me sconosciuta, uno di quei quartieri ricchi, un po’ appartati rispetto al caos del centro, ma molto vicino al cuore della città, a cui si accede da un viale alberato leggermente in salita, dove se ti affacci alla balaustra di pietra, puoi imbatterti in un panorama mozzafiato. Gli alberi secolari si ergono fino a toccare il cielo mentre alcuni rami si incurvano a sfiorare i tetti delle case e uniscono il verde del fogliame a quello di altre piante più basse, dai toni diversi. A tratti si nota l’azzurro, il grigio, l’ocra chiaro il rosa pallido dei palazzi sullo sfondo, mentre in primo piano il lampione stile belle époque, illumina la via ad un automobilista che passa a bordo della sua auto rossa. L’atmosfera è soave, rilassante, ti trasporta in una dimensione di sogno dove ti pare di percepire il cinguettio dei molti uccelli disegnati, di vivere una sensazione di pulita freschezza e quel ramo che si sporge e protende le sue fronde come mani eteree che vorrebbero sfiorarti, ti fa sentire protetta.
Lui dev’esser proprio così: pieno di vigore, verdeggiante di giovinezza, con caratteristiche fisiche che lo elevano al di sopra di molti altri individui vicini a lui, ma ciò non lo rende superbo, anzi è sempre pronto a darti una mano, a sostenerti.
Interpreta la vita attraverso una cortina che sfuma le tinte forti, che smussa gli spigoli, ottenendo così un rassicurante mix di rosa tenui, delicati azzurri, gialli spenti. Tutto appare soffuso a gli occhi del mio giovane cliente, come un sogno quindi, ma da raggiungere attraverso la consapevolezza di potercela fare. La macchina rossa che sfreccia infatti, riporta alla spensieratezza, alla velocità alla sicurezza di una meta che si conquisterà certamente.
In altre parole l’autore di questo acquerello è una persona sensibile, delicata, sognatrice, ma allo stesso tempo piena di fiducia nella vita che affronta con responsabilità e determinazione; è una persona attenta agli umori e alle necessità di chi lo circonda, pronto a darti un consiglio, a tenderti quella mano che a lui mai nessuno ha teso.
Fu così che l’improvviso messaggio WhatsApp che ricevetti un venerdì sera mentre chiudevo il bandone del negozio, non mi trovò impreparata.
Carissima,
il prossimo mese di giugno sarò in tournée nella tua città. Dovrò partecipare a molti eventi importanti, quindi sarò costretto a vestirmi elegante dalla testa …ai piedi. un sacco di volte. (faccina triste)
Odio quelle serate formali, ma non posso esimermi dai miei doveri. Spero soltanto di trovare anche il tempo per sedermi davanti a qualcuno dei paesaggi stupendi che si trovano dalle vostre parti e trasformarlo in un rilassante acquerello.
A te chiedo di confezionarmi le scarpe eleganti di cui ho bisogno, tieni presente che le dovrò calzare per nottate intere e che spesso ci dovrò anche ballare.
Ci vediamo a giugno
Alex
Il lunedì della settimana successiva all’arrivo del messaggio mi misi felice a lavoro. Recuperai la forma in legno del piede di Alex, la studiai con sguardo attento, la sfiorai per accertarmi di ogni piccola sporgenza di ogni minimo incavo, poi disegnai il modello.
Mi indirizzai su un look elegante, dinamico, moderno, raffinatissimo, ma nello stesso tempo comodo e funzionale.
Si trattava di una reinterpretazione della scarpa con fibbia, allacciata ma con le stringhe coperte da un cinturino asimmetrico chiuso da tre bottoni a pressione Questo avrebbe conferito scioltezza alla camminata, libera da eventuali inciampi in stringhe accidentalmente slacciate. La punta era rotonda per permettere alle dita di disporsi agevolmente, il tacco era largo e basso per la stabilità del piede.
Per la loro realizzazione pensai ad un pellame di vitello nero lucido e ad un tacco lamellato. L’interno doveva essere foderato con una morbidissima pelle di vitello marrone chiaro. Per sostenere un’andatura disinvolta e per non affaticare il piede pensai ad una doppia suola in cuoio cucita a mano e trapuntata all’interno.
Mi chiusi in atelier lavorando febbrilmente alla realizzazione del mio progetto che alla fine riuscì esattamente come lo volevo, grazie anche al prezioso contributo dei miei collaboratori.
Alla fine, come nella fiaba di Cenerentola a rovescio, avevo realizzato una scarpa che poteva calzare esattamente ed unicamente il piede di Alex, non solo per la forma esattamente costruita sul calco dell’originale, ma soprattutto perché ne rispecchiava esattamente carattere e temperamento. Era morbida, protettiva, elegante. Rifletteva, nella lucidità del nero pellame, le caratteristiche sfumate di chi e di cosa ad esse si avvicinava restituendo una piacevole, soffusa visione della realtà.
A giugno, quando lo vidi arrivare, il cuore cominciò a battermi forte, rimbombando con ritmo serrato mentre un calore inconsueto mi saliva dallo stomaco fino ai capelli. Quando giunse davanti a me, sulla porta dell’atelier, rimasi impietrita dall’emozione, gli spalancai la porta appiattendomi sul lucido vetro pieno di adesivi pubblicitari invitandolo tacitamente a sedersi sul divanetto rosso.
Lui estrasse il piede dalla vecchia calzatura e lo introdusse con facilità nel nuovo modello: la scarpa calzava perfettamente.
Alex si mise anche la seconda calzatura ed accennò una sorta di defilé davanti ai miei occhi ammirati.
Poi mi stampò un bacio sulla fronte che mi fece vaneggiare offuscandomi i sensi.
Ripose velocemente la mia creazione nella scatola di cartone bianco profumata di cuoio dicendo – Grazie davvero, non pensavo potessi superare te stessa, queste scarpe sono un capolavoro!
Mandami il conto in albergo, ti pagherò tramite bonifico bancario.
Uscì subito dopo lasciando di sé soltanto una scia deliziosa di profumo dal vago ricordo orientale, profumo di spezie, mischiato a odori legnosi, affumicati, che parevano avvolgermi in un caldo abbraccio.
Ma specchiandomi nel freddo vetro della porta d’ingresso dell’atelier, mi scoprii abbracciata soltanto a me stessa , mentre piangevo calde lacrime.