L’ALBERO RACCONTA

“Nonno, nonno, ci racconti qualche storia antica, qualcosa di quando eri giovane, del tempo in cui avevi meno di ottanta anelli e i nostri genitori erano piccolini? Ci dici com’era il bosco quando noi non c’eravamo ancora? Dai nonnino, sii buono, facci capire com’era il mondo un tempo! “

….. Potresti udire queste sussurrate parole addentrandoti, in un giorno di tardo autunno, in uno dei tanti bellissimi boschi arroccati sulle rotonde alture che circondano la ridente valle del Mugello. Immagina di camminare lento, su per una di quelle strade sassose e bianche che ripide e contorte conducono nel folto del bosco.

Immagina che sia un bel giorno dal pomeriggio luminoso di sole, con un cielo senza nuvole e la poiana che vola alta ripetendo il suo verso stridulo. Immagina di essere solo tu in quella immensità, tu e tuoi formidabili cinque sensi stimolati a mille. Solo allora, quando sarai sicuro che la natura ti ha completamente rapito e non ricordi più la tua provenienza umana, sarai sicuro di poterti apprestare a scoprire la verde e variegata società dei vegetali. Solo quando avrai abbandonato ogni sovrastruttura umana, potrai sentire il magico, straordinario racconto dell’albero anziano…

“Eh sì miei cari nipoti, è davvero tanto che la nostra famiglia abita da queste parti, noi castagni siamo stati i dominatori qui, i signori assoluti, amati e rispettati dagli uomini che hanno sempre riconosciuto la nostra generosità … Se non ci fossimo stati noi, chi sa se tante famiglie di umani qua sarebbero sopravvissute nei tempi della mia gioventù!  Voi non potete capire la nostra antica nobiltà perché adesso vivete in questo bosco senza armonia, in mezzo a piante straniere capitate qui per caso, con le radici soffocate dalla sporcizia che gli esseri umani abbandonano in casa nostra, dopo averla saccheggiata dei decori più belli.

I nostri frutti, un tempo preziosi, giacciono a terra inutili, calpestati dai troppo numerosi nuovi signori del bosco: caprioli, cinghiali, cercatori di funghi… Chi avrebbe mai immaginato che avrebbero portato con sé tanto degrado! Eppure un tempo erano loro i nostri amici, ma poi hanno perduto ogni ritegno, non sanno più che cosa sia l’educazione e per di più son diventati così tanti, che non basta il nostro ossigeno a farli respirare;  questa scomposta folla ci danneggia nell’anima e nel corpo perché non passa giorno senza che qualcuno di noi venga ferito al passaggio di uno di loro, non passa giorno che non si percepisca l’odore forte del sangue sparso di un verde fratello, non passa giorno che non si debba piangere un nostro congiunto abbattuto per il capriccio di qualche fungaiolo  avido di arrivare ad un vellutato porcino, a una coriacea mazza da tamburo o ad una rossa amanita velenosa.

I tempi della mia gioventù furono anni di duro lavoro, stagione dopo stagione, giovani e vecchi ci affannavamo a produrre l’unico cibo per la nostra specie amica; anche i più vecchi fra noi erano venerati e quando si moriva, avevamo un degno funerale: onorati in smisurati camini, dispensatori di calore e cibo…  Vivevamo in famiglie allargate, gomito a gomito con i cugini faggi, con le cugine querce e loro condividevano con noi la straordinaria avventura della vita; eravamo felici e assieme ai nostri parenti, regalavamo i profumati e solidi arti dei nostri lignei corpi a mani esperte che li trasformavano in suppellettili fantastiche, in intonati strumenti musicali, in utili mezzi di lavoro. Ma noi con la nostra fortunata ricchezza di frutti, eravamo i prediletti, quelli fra gli immobili amici dell’uomo maggiormente curati: ai nostri piedi c’erano sempre distese pulite, verdi tappeti dove le radici affondavano fiduciose e i nostri ricci aperti spiccavano lucenti come scrigni di gemme preziose.

Erano tempi belli e gloriosi quelli di cinquanta cerchi fa, erano tempi in cui le nostre rughe crescevano con quelle degli umani e in cui ragionavamo normalmente insieme.

Abbiamo passato accanto anni felici, momenti di tristezza, ansie, gioie, dolori, ma sempre da fratelli, essendo figli della stessa Madre Terra.

Se ripenso all’anno del mio trentesimo cerchio, mi si accappona la corteccia, che momento tragico fu quello per gli umani: freddo, neve, carestia, malattie mortali… Venti freddi mi strappavano le chiome, rimasi presto con le braccia nude quell’anno, poi il gelo indurì le mie radici e suggellò in una teca cristallina il dolce, prezioso prodotto che avevo in serbo per l’uomo.

Laggiù, al limite del bosco, dove la grande strada bianca fa un’ansa per poi restringersi e tortuosa arriva fin qui, vedevo le case sprangate, timidi fumi uscire da comignoli inutilmente enormi; sentivo le imprecazioni degli uomini costretti all’inedia mentre gli innumerevoli figli mugolavano dalla fame. Sentivo le donne cantare una nenia triste e percepivo l’odore acre dei rami verdi, bagnati, raccolti in fretta e furia per non morire di freddo da capifamiglia affranti e disperati. Più in basso una fitta coltre bianca non accennava a sparire, celando così un sommerso mondo reale.

Quassù tutto era sospeso…

Ricordo poi di aver udito, da dentro quelle mura raggelate del piccolo borgo vicino, un coro improvviso di voci: “I castagni, i castagni, ma certo, tentiamo, se non ci aiutano loro, chi mai potrà darci una mano”.

 Erano giorni e giorni che quassù non arrivava nessuno: troppo freddo, troppo buio, troppa disperazione per i nostri amici umani. Così fui scosso da un tremito all’idea di accogliere nel bel mezzo di tanta desolazione, i miei cari smarriti bipedi amici. Fu così che le radici più superficiali che mi tengono in piedi, scossero la vitrea teca di ghiaccio che racchiudeva i lucidi frutti marroni. Sentii il crepitio del gelo infranto dal peso dei loro passi lenti e pesanti, percepivo chiaramente l’affanno dei polmoni colmati e svuotati ritmicamente al suono dei cuori il cui battito pareva un sottofondo di tamburi lontani; osservavo con ansia il denso fumo caldo dei loro fiati, e intanto tutto intorno era silenzio Arrivarono i capifamiglia avvolti in giubbe e coperte sdrucite, calzando su sgangherati scarponi fasce di stoffa e con larghi cappelli di lana infeltrita calati sui volti.

Raccolsero a piene mani, incuranti del freddo pungente, le migliaia di frutti odorosi. Mai come allora mi sentii felice, le mie innumerevoli braccia si innalzarono al cielo e poi ricaddero dolcemente giù, rendendomi oltremodo leggero. I miei rami più alti e più asciutti li potetti donare così ai miei infreddoliti compagni.

Non vi dico il tripudio: si misero in cerchio cantando e poi mi abbracciarono una, due, tre volte, tutti insieme e uno a uno, mi contemplarono con devozione, poi con fiducia, raccolsero i doni e ritornarono in fretta al villaggio.

Da quassù si sentì il crepitio dei focolari carichi del nuovo vigore, il dolce odore delle castagne arrostite e bollite arrivò fino a noi; se tendevo l’orecchio percepivo i racconti sereni che madri tranquille cantavano ai bimbi finalmente appagati.

Era grazie a me se si era salvato il villaggio “

“Che bellissima storia nonno caro! Siamo orgogliosi di far parte della tua famiglia, siamo fieri di appartenere a questo glorioso genere dei vegetali.

Ultimamente, lo sappiamo, gli umani non si comportano più come i tuoi vecchi amici del villaggio, sono superbi, boriosi, aggressivi, ci snobbano, ci lasciano soffrire…

Solo da parte nostra la nonviolenza impera, lasciamo che da sola, la loro limitata intelligenza arrivi a intravedere che il male fatto a noi ricade su di loro. Crediamo fermamente che questo sia un momento di crescita dell’uomo che, si sa, deve pagare sempre per poi rendersi conto dell’imbecillità delle sue azioni, ma noi che siamo saggi, lo attendiamo “

Se tu, caro viandante camminando veloce per le stradette bianche e tortuose, torni giù nel mondo degli umani ripensando alle parole udite e vorresti ricondurle alla magia dei luoghi visitati, senza ammettere la loro verità, sappi che quel che hai udito e visto è vero, è d’obbligo il rispetto e l’amicizia, basta con il disprezzo e la superficialità, l’intelligenza verde e quella umana possono rinnovare il loro sodalizio perché solo così si salverà il nostro formidabile universo.

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